Baccalà o stoccafisso?

Pubblicato il 22/02/23
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Da oltre trecento anni lo importiamo per cucinarlo in tanti modi: “alla vicentina”, “mantecato”, “alla ligure, “alla campana” o “alla messinese”. Già Pellegrino Artusi, nel suo celebre Ricettario, lo aveva incluso definendolo un “montebianco di pesce artico e latte”. Oltre un terzo degli italiani, soprattutto nelle regioni del Nord, Veneto e Liguria in testa, lo mettono a tavola spesso, apprezzandolo non solo per il gusto, ma anche per le sue proprietà nutritive.

 di Giovanni Franchini

 

I primi coloni sbarcarono all’incirca undicimila anni fa. Erano alla ricerca di un luogo fertile di cibo in cui stabilirsi. Trovarono un mare ricchissimo di pesce e misero le tende in quel luogo che, un giorno, si sarebbero chiamate isole Nofoten, in Norvegia. Tra le varie specie ittiche, il merluzzo era quella più abbondante, e i pescatori capirono che avrebbero dovuto fare in modo non solo di pescarlo e nutrirsene, ma anche di lavorarlo per conservarlo e offrirlo in commercio.

 

Pietro Querini, navigatore e commerciante veneziano, salpò con la sua nave il 25 aprile 1431, con un carico di 800 barili di Malvasia, pepe, zenzero e altre merci preziose, diretto verso le Fiandre. Superato Cabo Fisterra, una violenta tempesta rese la nave ingovernabile e l’equipaggio riuscì a salvarsi solo approdando su un isolotto nell’arcipelago delle Lofoten in Norvegia, oltre il Circolo polare artico. Dopo undici giorni di bivacco, vennero avvistati e salvati dai pescatori della vicina isola di Røst, che li ospitarono per circa quattro mesi e mostrarono loro la tecnica tradizionale dell’essiccazione del merluzzo.

 

Al suo ritorno a Venezia, Querini non portò i tessuti broccati delle Fiandre, ma qualcosa di molto più prezioso: del gustoso e inedito merluzzo essiccato. In breve tempo, tutti si resero conto che quella scoperta era una validissima alternativa al pesce fresco e deperibile.

 

Ancora oggi il Nord-Est è uno dei maggiori (se non il principale) importatore di “merluzzo ragno nero”, top di gamma: il pesce secco noto come stoccafisso (stokfisk nella lingua dei pescatori dei Mari del Nord) che poi diventa il golosissimo baccalà mantecato servito sulle croste ai ferri, e/o fritte, di polenta.

 

L’offerta si declina in merluzzo fresco, stoccafisso, baccalà salato e baccalà salato secco. Quando il contenuto d'acqua del pesce essiccato scende al di sotto del 48%, può essere chiamato baccalà. Poiché l'acqua viene rimossa, i contenuti nutrizionali del baccalà sono più concentrati di quelli del normale pesce fresco. Per questo è ricco di proteine, vitamine A, D e del gruppo B, e infine di alcuni minerali come potassio, fosforo, iodio e ferro.

 

L’Italia è tra i principali mercati per lo stoccafisso, rinomato per la sua qualità e versatilità in cucina. Oltre un terzo degli italiani, soprattutto nelle regioni del Nord Italia, Veneto e Liguria in testa, lo mettono a tavola periodicamente, apprezzandolo non solo per il gusto, ma anche per le proprietà nutritive. Lo stoccafisso è infatti ricco di proteine, ferro, vitamina D e B12.

 

Il 2022 ha segnato un anno di ripresa importante e le importazioni sono aumentate con un incremento del volume pari al 26% rispetto all’anno procedente.

 

Il merluzzo è da sempre la risorsa più importante per la pesca norvegese. Nel corso degli anni il metodo di lavorazione si è modernizzato, passando dalla pesca libera a una rigida regolamentazione, inserendo un sistema di quote di pesca e adottando un approccio sostenibile con una politica di produzione a scarto zero.

 

Ma il grosso della lavorazione è una tradizione produttiva che si ripete sempre uguale da trecento anni. Le isole Lofoten, e le sorelle Versterålen, sono dei piccoli grandi fari sul Mare di Norvegia dove i fiskehjel, i caratteristici graticci di legno che ospitano centinaia e centinaia di merluzzi stesi a essiccare, rappresentano un vero e proprio tratto distintivo del paesaggio norvegese.

 

 

Il pesce è norvegese ma il “bacalà” alla vicentina è tutto italiano

La preparazione ha come ingrediente imprescindibile il merluzzo delle isole Lofoten. Ma per tutto il resto la maestria è tutta italiana, anzi vicentina.

Già Pellegrino Artusi, nel suo celebre Ricettario, lo aveva incluso definendolo un “montebianco di pesce artico e latte”.

 

La ricetta del bacalà alla vicentina

  •  Stoccafisso
  • Olio extravergine di oliva
  • Cipolla
  • Sarda
  • Latte

 

Si prepara un fondo di olio - circa mezzo litro per ogni chilo di stoccafisso - cipolla e una sarda o un’acciuga. Una volta che il soffritto è pronto vi si adagia lo stoccafisso. Una volta insaporito il pesce con le cipolle e la sarda, si ricopre interamente di latte.

A questo punto il merluzzo deve ‘pipare’, come si dice in Veneto, per almeno cinque ore a fiamma bassissima e distante dal fuoco vivo.