Spaghetti, penne, farfalle, rigatoni, bavette, fusilli, orecchiette. La mangiano in tutto il mondo, la fabbrichiamo per tutto il mondo. Malgrado gli aumenti dovuti al costo della semola, la logistica e l’energia continua ad essere la protagonista assoluta della nostra tavola. Nove italiani su dieci la preparano regolarmente e uno su tre ogni giorno. È l’ingrediente base della Dieta Mediterranea, va bene con qualsiasi abbinamento, fa bene a pranzo ma anche a cena, la si può cucinare per un pasto veloce o per stupire con un grande piatto d’autore. Ne esistono più di 300 formati, e adesso la si può stampare in 3D per ideare forme sempre più personalizzate. Pur rendendosi conto delle motivazioni che hanno portato a questo aumento dei listini, ad esempio nella categoria pasta i rincari sui mercati internazionali della semola. Viaggio alla scoperta del prodotto made in Italy più buono, popolare e celebre.
di Giovanni Franchini photo courtesy ©We love pasta - Unione italiana food
Immaginiamo una strada lunga oltre 7 milioni di chilometri. È sufficiente per 10 viaggi andata e ritorno dalla Luna o per fare il giro dell’equatore 190 volte. È questa la lunghezza che otterremmo se mettessimo in fila le confezioni di spaghetti, fusilli, rigatoni e tutti gli altri formati, prodotti e mangiati in tutto il mondo in un anno. Parliamo di circa 17 milioni di tonnellate di pasta, uno in più rispetto al precedente record del 2019 e più del doppio rispetto a dieci anni fa. E naturalmente, sempre con l’Italia a fare da capofila per produzione, consumi ed export. Noi siamo la pasta.
L’Italia resta il punto di riferimento per la produzione (3,9 milioni di tonnellate), con un export da 2,4 milioni di tonnellate. Rispetto al periodo tra gennaio e luglio 2020, il valore dell’export dei primi sette mesi del nuovo anno ha segnato un calo del 9,4%, ma il confronto con i valori “pre-Covid” dello stesso periodo del 2019 evidenzia un notevole +13%. Secondo la ricerca Il consumo di pasta durante il lockdown, commissionata da Unione Italiana Food e Agenzia Ice con Doxa, basate sui dati Istat, nel 2021 è prevista una produzione superiore dell’1% rispetto ai livelli pre-pandemia.
I numeri della pasta italiana mostrano tutto il loro valore se guardiamo al consumo interno: con oltre 23 chilogrammi all’anno pro capite, l’Italia supera la Tunisia (17 chilogrammi), il Venezuela (15 chilogrammi) e la Grecia (12,2 chilogrammi). Nove italiani su dieci (88%) mangiano pasta regolarmente e uno su tre (36%) la mette in tavola ogni giorno.
I dati di Unione Italiana Food e IPO (International Pasta Organization), rivelati all’ultimo World Pasta Day, certificano un amore incondizionato e incrollabile per la pasta e il suo ruolo da leader assoluto nella nostra industria agroalimentare. E non poteva essere diversamente visto che “la pasta è semplicità, accoglienza, condivisione, può essere il cibo simbolo della ripresa” come ha dichiarato Riccardo Felicetti, Presidente dei Pastai italiani, all’ultimo World Pasta Day comunicando i dati. “È un piacere quotidiano che il nostro prodotto sa dare: una spaghettata in famiglia, una cena fuori al ristorante, un pranzo informale con gli amici, è socievole e conviviale, è un rito familiare che ci scalda tutti i giorni”.
Tutto merito dei pastai italiani che, ogni giorno, difendono il primato puntando su innovazione e qualità. Il settore conta quasi 120 imprese industriali, dà lavoro a oltre 10.200 addetti e genera un valore di 5,6 miliardi di euro. Gli investimenti in media sono pari al 10% del fatturato, tutti diretti in ricerca e sviluppo, al fine di rendere gli impianti sempre più moderni, sicuri e sostenibili e anche per intercettare tendenze, cambiamenti degli stili di vita, nuove frontiere del gusto e della nutrizione. La pasta è inoltre in grado di adattarsi a tutti i trend gastronomici, perciò oggi, accanto alla pasta classica (ne esistono oltre 300 formati e rappresenta circa il 90% del mercato), ecco l’integrale, il gluten free, quelle con farine alternative e legumi. E, addirittura, quella realizzata con la stampante 3D.
E questo nonostante l’Italia abbia perso negli ultimi cinque anni 75 mila ettari di terreno coltivati a grano duro, come evidenziato da CAI - Consorzi Agrari d’Italia, che con più di 4 milioni di quintali di cereali stoccati e gestiti rappresenta la prima realtà organizzata della produzione italiana. La nostra dipendenza è un punto debole. Sempre secondo il CAI, per valorizzare ulteriormente il prodotto italiano occorre lavorare su accordi di filiera che garantiscano produttori e consumatori per evitare che l’Italia continui a dipendere troppo dalle importazioni di prodotto dagli altri Paesi produttori.
Intanto la pasta italiana resta assoluta protagonista ed elemento centrale della Dieta Mediterranea, proclamata per il quarto anno consecutivo dall’U.S. News & World Report la “dieta del mondo” del 2021, su 39 diverse alternative.