di Giorgio Santambrogio
(ad Gruppo VéGé, vicepresidente di Federdistribuzione)
La crisi sanitaria, la crisi energetica, la crisi delle materie prime, la crisi umanitaria provocata da una guerra senza senso. La Distribuzione organizzata è impegnata da mesi a mitigare l’effetto dell’inflazione e combattere la riduzione dei consumi. Lo fa riducendo i margini, affrontando una guerra dei listini senza precedenti e un aumento insostenibile dei costi energetici dei punti di vendita. Non può farlo da sola. Chiediamo con forza al governo di mettere in campo interventi immediati a favore delle imprese e dei cittadini. Bisogna abbassare l’Iva sui beni di prima necessità e intervenire abbattendo i costi dell’energia elettrica dei punti di vendita, garantendo anche per loro le stesse agevolazioni che hanno le aziende definite energivore. Dico con forza, perché abbiamo bisogno di unire le forze. Non mi piacciono le metafore militari, soprattutto in queste settimane, ma la nostra filiera potrebbe entrare in una situazione di conflitto e per uscirne ha bisogno di ricostruire la pace e l’armonia.
E la pace è una filiera che si costruisce solo con la volontà di tutti.
Occorre intervenire subito anche sulla riduzione del cuneo fiscale, al fine di permettere alle imprese di garantire stipendi più alti ai lavoratori. Perché le dinamiche inflative stanno colpendo anche i beni alimentari, malgrado la Moderna Distribuzione sia il settore maggiormente deflativo. E un’inflazione a “double digit” spaventa e potrebbe preconizzare tensioni sociali. Perché quando l'inflazione inizia a farsi sentire anche sugli scaffali dei nostri punti vendita, allora crolla la fiducia dei consumatori.
E senza fiducia, il futuro è più difficile da costruire.
Molte cose le abbiamo già chieste, senza ottenere nessuna risposta.
La cosa mi stupisce. Me lo ricordo benissimo il 21 febbraio 2020 quando iniziò tutto anche in Italia. All’inizio fu il paziente zero, dopo alcune ore erano 16 i primi casi confermati a Codogno in Lombardia che diventarono 60 il giorno successivo con i primi decessi. Poi arrivò l’apocalisse. Sono stati due anni tremendi per tutto il Paese. L’economia si era fermata, le persone erano chiuse in casa, cantavamo dai balconi che sarebbe andato tutto bene. Noi della distribuzione non ci siamo fermati. Tutte le insegne sono rimaste aperte, grazie ai produttori e al coraggio di tutti i nostri collaboratori abbiamo garantito la normalità degli acquisti anche durante il lockdown. Abbiamo continuato a rifornire gli scaffali e a dare il benvenuto ai nostri cittadini che erano spaventati. Lo eravamo anche noi. C’erano aperte solo le farmacie e i nostri punti di vendita.
In quei giorni anche noi come i medici e gli infermieri eravamo considerati eroi, i buoni che tenevano accesa la luce della speranza. E lo siamo stati davvero, abbiamo superato l’angoscia e reagito con prontezza, messo in sicurezza tutti i punti di vendita, i prezzi al consumo non sono aumentati e con il nostro lavoro abbiamo contribuito a costruire il sentimento di fiducia che serviva per la ripresa.
Sono passati due anni
Se dovessimo applicare oggi ai prodotti gli aumenti che ci vengono richiesti a listino dovremmo aumentare i prezzi del 30%. Il risultato sarebbe persino scontato. Diminuzione dei consumi, aumento degli invenduti, crisi della domanda, stop della produzione. Non credo sia questa la soluzione. Sino ad oggi abbiamo fatto da tappo per non far crollare i consumi. Perché se si fermano quelli si ferma tutto. Ma questo è solo un tappo.
Cosa si potrebbe e dovrebbe fare?
L’unica strada possibile è calmierare subito i costi dell’energia e al tempo stesso imboccare una strada decisa verso l’indipendenza energetica. La ripresa post Covid è stata fortissima e la domanda di energia ancor prima della guerra ha fatto salire i prezzi. È il paradosso della crescita. Il caro energia ha fatto aumentare i prezzi di tutte le materie prime, di tutte le filiere produttive, dei noli per il trasporto via mare. La crisi climatica sta iniziando a farci pagare il contro salato delle nostre inadempienze e ha messo in crisi alcuni settori specifici. La guerra in Ucraina sta precipitando l’economia mondiale in un incubo. In questo contesto il nostro paese, il made in Italy, l’agroalimentare, la manifattura soffrono una situazione che deve essere affrontata come una crisi di sistema. Altrimenti non ne usciamo.
È necessario costruire un’alleanza tra produzione e distribuzione per arginare la crisi. Nel primo trimestre di quest’anno in Italia le bollette dell’energia elettrica e del gas naturale sono cresciute rispettivamente del 55 e del 41,8 per cento. Questo accade anche perché noi siamo dei sudditi energetici. Non abbiamo petrolio a sufficienza, non abbiamo gas a sufficienza, non abbiamo energia elettrica a sufficienza, non abbiamo produzione da fonti rinnovabili a sufficienza, abbiamo rinunciato da tempo al nucleare e non siamo leader nella ricerca e sviluppo di energie alternative promettenti come l’idrogeno. Dipendiamo dagli altri. La crisi energetica in questo contesto è diventata una sorta di ergastolo che mette in evidenza molte delle contraddizioni del nostro sistema produttivo. In pochi lo sanno ma noi italiani siamo tra i più bravi in Europa a produrre di più e meglio usando meno materia e meno energia degli altri. Siamo diventati bravi per due motivi, perché siamo italiani e perché siamo poveri di materie prime ed energia. Molte aziende oggi stanno sospendendo la produzione perché non reggono il caro bollette e la scarsità di materie prime. Credo sia arrivato il momento non solo di intervenire sull’emergenza, è obbligatorio farlo bene e subito, ma anche e soprattutto di decidere finalmente quale sarà il futuro energetico del Paese. Il Ministro Cingolani parla di sviluppo delle fonti rinnovabili come unica soluzione possibile. In Germania hanno annunciato un piano di straordinario di rinnovabili basato sull’energia eolica. Hanno deciso. Facciamolo anche noi. Abbiamo il vento, il sole, l’acqua, ma dobbiamo scegliere, decidere, agire. “Colui che non riesce a pianificare sta progettando di fallire”, ha detto Winston Churchill. Nel frattempo il mio mondo sta cercando di fare la sua parte. Per ora ci stiamo riuscendo. Per ora…
La guerra finirà e la crisi passerà. Gli analisti ci dicono che dobbiamo avere pazienza. Ma non passerà la fragilità del nostro sistema. Parlo di sistema perché di fronte a una crisi di sistema serve una reazione di sistema. Nessuno si salva da solo. Papa Francesco di fronte alla crisi sanitaria mondiale causata dalla pandemia ha detto una frase che oggi vorrei ricordare: “Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”.
Il mio è un invito quindi a fare davvero sistema per raggiungere l’obiettivo comune di una maggiore resilienza energetica. Distributori di energia, tutti gli attori della produzione, la distribuzione organizzata unita, il governo con il suo ruolo di indirizzo, tutti insieme impegnati a trovare soluzioni condivise. Solo così potremo studiare una strategia comune in grado di non sprecare la tempesta perfetta che si è abbattuta sulle nostre teste. Sempre Churchill che amo rileggere con passione soprattutto quando il tempo che viviamo ci pone di fronte ai dilemmi della storia, amava ripetere: “Non è la fine. Non è neanche il principio della fine. Ma è, forse, la fine del principio”.
Insieme ce la possiamo fare.