Vietato sprecarla!

Pubblicato il 12/07/21
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Acqua schizzata

Simbolo di vita e di movimento, di nascita e trasformazione, di salute e benessere, l’acqua dolce è una risorsa preziosa e indispensabile. E non è infinita. La crisi climatica e l’aumento delle temperature stanno mettendo a rischio la disponibilità idrica sul nostro Pianeta. E anche l’Italia, ricca di acqua, si troverà presto a fare i conti con la necessità di gestirla in maniera sostenibile. Siamo primi in Europa per il prelievo complessivo di acqua potabile, con un consumo pro-capite di 215 litri al giorno. E purtroppo abbiamo una rete di distribuzione che disperde il 42% dell’acqua che trasporta. Per questo ciascuno deve impegnarsi a ridurre il consumo di acqua. Anche a tavola. Scegliendo che cosa mangiare.

di Claudia Ceccarelli


“L’acqua è un diritto di base per tutti gli esseri umani: senza acqua non c’è futuro”, diceva Nelson Mandela, per concludere semplicemente che “l’acqua è democrazia”, perché l’accesso a questa risorsa, indispensabile per la vita e le attività dell’uomo, consente l’esercizio di tutti gli altri diritti.

Purtroppo i cambiamenti climatici stanno influendo negativamente sulla disponibilità di acqua e oggi sappiamo che ad ogni aumento di un grado della temperatura corrisponde a livello globale una riduzione pari a circa il 20% delle risorse idriche. Di questo passo, al 2030 potrebbero addirittura ridursi del 40%; mentre al 2050, tra crescita demografica e aumento dell’inquinamento, oltre 5 miliardi di persone potrebbero patire una strutturale carenza di acqua e problemi connessi alla sua scarsa qualità, con gravi conseguenze sulla salute (50 litri al giorno è considerato il quantitativo minimo necessario).

Dall’Italia, complessivamente ricca di acqua, tendiamo a guardare a questi scenari come ad una realtà lontana. Purtroppo non è così. Perché l’acqua, contrariamente a quanto pensiamo, è una risorsa limitata e sempre più destinata a scarseggiare, anche nel nostro Paese, se non adottiamo tutte le strategie necessarie per gestirla in modo responsabile. 

"L’aumento della temperatura e la diminuzione delle precipitazioni, così come l’intensificarsi dei fenomeni estremi, determineranno trend climatici sfavorevoli per il nostro Paese"

Secondo il Centro Euro- Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), infatti, l’aumento della temperatura e la diminuzione delle precipitazioni, così come l’intensificarsi dei fenomeni estremi, determineranno trend climatici sfavorevoli per il nostro Paese, con un impatto significativo anche sulla disponibilità delle risorse idriche. Una disponibilità influenzata anche dalle grandi differenze di distribuzione tra Nord, con più precipitazioni, e Sud, con meno precipitazioni ed evaporazione abbondante.

In Italia il consumo di acqua è davvero ingente, con

215 litri di media per abitante al giorno. Ma ancora più preoccupante è il tasso di dispersione dell’acqua, pari addirittura al 42%,per la grave inefficienza dell’infrastruttura idropotabile, i nostri acquedotti. Tradotto in cifre, secondo l’Istat, “degli 8,2 miliardi di metri cubi di acqua per uso potabile immessi nelle reti comunali di distribuzione (371 litri per abitante al giorno), le perdite idriche totali sono state pari a 3,4 miliardi di metri cubi (156 litri al giorno per abitante)”. Si tratta di una quantità corrispondente a quanto consumerebbero in media 44 milioni di persone per un intero anno.

Tra consumi poco oculati e dispersione, lo spreco d’acqua nel nostro Paese ha assunto proporzioni davvero gigantesche e, nell’attesa che i problemi infrastrutturali possano essere efficacemente affrontati, anche con le risorse previste nel Recovery Plan, ciascuno deve mettere in campo tutte le buone pratiche possibili per utilizzare in modo più sostenibile le risorse idriche di cui disponiamo.

Ma l’acqua, a cosa serve? Nel nostro Paese più del 60% va al settore agricolo, il restante al settore energetico e industriale e per gli usi civili.

Se è la produzione di cibo ad assorbire la maggiore quantità di risorse idriche, appare evidente come anche le scelte alimentari di ciascuno di noi possano contribuire a tutelare questo bene prezioso. Tutto quello che mangiamo infatti ha un’impronta idrica (water footprint), data dal volume totale di acqua dolce impiegato durante il suo processo produttivo, secondo la definizione dello scienziato olandese Arjen Y. Hoekstra. Direttore per circa venti anni del Water Footprint Network, impegnato nella promozione di un uso sostenibile, equo ed efficiente delle risorse di acqua dolce nel mondo, Hoekstra amava affermare che “non solo i governi, ma anche i consumatori, le imprese e ogni comunità civile possono fare la differenza, affinché si possa raggiungere una migliore gestione delle risorse idriche”.

In Italia, l’impronta idrica per persona al giorno si attesta intorno ai 6.300 litri. Per guardare ai cibi che consumiamo abitualmente, scopriamo infatti che un hamburger di 150 grammi contiene circa 2.500 litri di “acqua nascosta”, considerando tutta quella che è stata necessaria per farlo arrivare nel nostro piatto. Per fare altri esempi, un chilo di carne di maiale “vale” mediamente 6000 litri di acqua, un chilo di formaggio circa 3000, un chilo di mais 1220, un uovo 135, un chilo di zucchero 1780. In linea generale, i prodotti vegetali hanno un’impronta idrica molto inferiore rispetto a quelli di origine animale. Per questo, seguire una dieta bilanciata ricca di cereali, legumi, verdura e frutta, che varia le fonti proteiche con un consumo equilibrato di carne e derivati animali, può contribuire, oltre che al nostro benessere, anche alla tutela del patrimonio idrico.

“Rispetto alle diete esistenti, l’acqua necessaria per produrre il cibo potrebbe essere ridotta tra l’11% e il 35% per diete sane contenenti carne; tra il 33% e il 55% con diete salutari contenenti pesce; tra il 35% e il 55% per le diete vegetariane”, spiegano gli studiosi del Joint Research Centre (Jrc) della Commissione europea. E ancora una volta la Dieta Mediterranea, non a caso dichiarata Patrimonio Unesco, risulta essere uno dei modelli alimentari migliori, sostenibili per la salute così come per l’ambiente.