Il vanto del Piemonte

Pubblicato il 18/02/21
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Nebbiolo vitigno

Un vitigno antico, molto pregiato, coltivato in origine fra la provincia di Alessandria e quella di Cuneo, nella terra che scende fino a toccare la sponda destra del Tanaro e si divide in valli incastonate fra colline e rupi. È qui che nasce originariamente il nebbiolo, che dà vita a vini di robusta ad alta gradazione, già maturi a tre anni, di un bel colore rubino intenso e trasparente, caratterizzati da profumi e sapori di viola e rosa, di frutti di bosco, di terra e cuoio, tannini mai invadenti. Il nebbiolo è un vitigno fortemente legato al suo territorio d’origine in Piemonte; solo in alcune zone trova l’alchimia composta da sole, altitudine, ventilazione e drenaggio necessaria alla sua lenta maturazione; fra i grappoli gonfi di acini stretti tra loro, solo i migliori vengono pigiati e fatti fermentare a lungo. E molto a lungo viene protratto l’affinamento in grandi botti per dar modo a questo vino superiore di regalarci profumi e sapori unici. Una curiosità legata al nome del nebbiolo: gli acini sono ricoperti da un consistente velo ceroso, una brina, la “pruina”, una nebbia appunto che forse ha dato al vitigno questo nome.

 

Vini nebbiolo: tipologie e abbinamenti

Il nebbiolo dà origine a molti dei vini più pregiati d’Italia; oltre al Nebbiolo d’Alba, quelli maggiormente conosciuti ed apprezzati sono il Barolo e il Barbaresco che sfidano i cugini d’Oltralpe e si coltivano nelle Langhe più vicine ad Alba. Il Barolo è il più blasonato, raggiunge la perfezione addirittura a nove anni, è un rosso dai riflessi aranciati, dal sapore asciutto, austero e corposo, dal profumo sottile di viola, di goudron (il termine francese per catrame) e in modo più spiccato di rosa. Può raggiungere una gradazione importante, fino ai 15 gradi. Si accompagna benissimo agli arrosti di carne rossa, al fegato d’oca, alla selvaggina, ai cibi tartufati. Meno lungo nella maturazione è il Barbaresco, altro vino che nasce nel cuore delle Langhe e che già a tre anni offre il suo bouquet delicato di viola, una consistenza asciutta, morbida e generosa, con una gradazione che raggiunge i 14 gradi. Anch’esso squisito con gli arrosti di carni rosse, col fegato d’oca e con pollami nobili.

Ma anche a sinistra del Tanaro si producono con eccelsi risultati nebbioli nobili come il Roero. Salendo più a nord tra Novara e Vercelli si coltiva un nebbiolo che prende il nome di Spanna, cresce in terreni meno argillosi, con presenza di rocce, in atmosfere climatiche diverse, tutti elementi che donano raffinatezze di bouquet a scapito di tannini. E a Gattinara, in provincia di Vercelli, il nebbiolo si chiama come il comune dove crescono le viti che lo producono. La vigna si fa invece più alta, si inerpica in terrazzamenti di montagna per produrre il Carema, nel comune confinante con la Valle d’Aosta che dà il nome a questo vino intenso, che sa di ciliegia, di terra e pepe, di rosa. Si è fermata in Valtellina la migrazione del nebbiolo che qui diventa Chiavennasca. La vite respira aria più sottile ancora e produce vini meno ricchi in polifenoli, ma profumati di fiori e minerali. Sono lo Sfursat e l’Inferno, che pretendono il massimo dai viticoltori ma che costituiscono la parte più d’élite dei rossi italiani.

 

 

 

Foto di Massimo Candela da Pixabay